venerdì 22 novembre 2013

Chi lo ha detto che i valori non esistono più?

{PREMESSA: questo è un post estremamente generalista. Non parla di comportamenti assoluti adottati da tutta la totalità del genere umano per tutto il tempo. Ho centrifugato i pensieri e ho provato, credo invano, a tirarne fuori un discorso per me logico. Se vi riconoscete in tutte le situazioni prese in considerazione nel pezzo che segue, beh.. mi dispiace per voi}

Oggi a pranzo si parlava dei modelli che trasmettono, con una certa sfrontatezza, i mass media.
Più precisamente si parlava dell'epidemia dei Compro Oro et similia che si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il nostro paese e delle pubblicità che vogliono convincerti che sia giusto vendere gli oggetti della tua vita per andare in crociera o comprarti il tablet.
Poi, oggi pomeriggio, colpa della digestione, ho riflettuto.

Secondo il mio modestissimo e ignorantissimo parere, ci siamo troppo abituati a ingoiare le cose senza masticare, ad accettare dinamiche senza interrogare e senza interrogarci.
Stiamo assistendo (e partecipiamo, spesso) all'omologazione della specie.
O in parole ancora più povere, non ci conosciamo più.

Questo pensierino mi dribbla l'occasione per parlare di una cosa che penso da un po'.
Soffro quando sento (toh, in tivù!) adultozzi presuntuosi dire che nella nostra generazione non ci siano più valori, che ce li siamo persi tutti per strada, che siamo un branco di spaventapasseri nudi -relativamente- e crudi e che camminiamo come zombie seguendo i trend del momento.

Quello che penso io, invece, è che i valori si trasmettono, come i principi, nessuno li sposta, li brucia, li perde in giro e poi non li trova più. Penso che questa che noi ventenni (anno più, anno meno) abbiamo depredato i valori dell'umanità sia una scusa bell'e buona, il dito dietro cui nascondersi (perché questi adultozzi sapientoni ce li avranno i figli della mia età, e un paio di domande prima di sparare a zero sulla loro generazione e sull'educazione che ha avuto se le saranno pur fatte).
Perché, se di generazioni parliamo, questi qui avranno l'età dei miei genitori e forse qualcosa in più: e sono quelli che con poche giustificazioni moralmente accettabili hanno rovinato il mondo sfruttandolo in maniera sconsiderata, riempiendolo di ingiustizie, di soprusi, di cemento, di rifiuti, di schifo no-stop.
Sono quelli che ora hanno cinquanta o sessant'anni e vanno a fare i viaggi sessuali, quelli che siedono in Parlamento, quelli che fanno le guerre, che disboscano, che non sanno cosa sia il car pooling, quelli che recitano nelle pubblicità dei Compro Oro, quelli che hanno fatto e che continuano a fare. E mi chiedo dove siano i loro valori e perché puntano tanto il dito contro di noi.

Non so se mi sono spiegata, il punto è che io non credo affatto che si siano persi i valori e soprattutto che lo abbiamo fatto noi che ci siamo affacciati al mondo l'altro ieri e che l'unica colpa che abbiamo è di essere i figli di quelli là.

Credo che il nostro problema sia la società che abbiamo trovato quando siamo venuti al mondo e chi l'ha fatta diventare così. Non parliamo con i nostri genitori, perché gli mandiamo un messaggio su Facebook per dirgli di farci la ricarica sul cellulare. E loro, invece di strigliarci, ci rispondono con una faccina sorridente, senza punteggiatura, e poi condividono la foto del micio peloso che augura Buona Giornata a Tutti i Miei Amici di FB.
Il nostro problema è che non facciamo più in tempo a chiederci quale sia la realtà che vogliamo perché qualcuno ne ha già fabbricata una per noi, non crediamo più nel matrimonio perché qualcuno lo ha già distrutto per noi, non crediamo nell'amore e nell'amicizia perché qualcuno ha tradito e allora siamo tutti stronzi ed è meglio soli che accompagnati, bene o male chissenefrega. Il nostro problema è che non ci mettiamo più davanti allo specchio perché pensiamo che le risposte le dobbiamo cercare altrove, non leggiamo più libri perché qualcuno ci ha convinto che sia una perdita di tempo, non ascoltiamo Bach perché è una gran rottura e non impariamo a fare la torta di mele o a caricare la lavatrice perché siamo pigri.

La pigrizia che non ci fa aprire gli occhi e dire no al mondo che ci propinano i grandi e i media, e i grandi che fanno i media, perché è comodo prendere quei valori lì e farli nostri senza riserbo, senza domande.
Io direi che dovremmo spegnere la tivù più spesso e metterci davanti ad uno specchio, chiederci quali siano le cose che consideriamo più importanti, quali invece ci facciano schifo, chiederci se mai daremmo la vita per qualcosa, quanto ci importa del rispetto altrui, se crediamo in qualche dio, come poterci far perdonare dalla persona che abbiamo ferito. Dobbiamo scegliere noi i nostri valori, dobbiamo imparare a conoscere la nostra natura, e a farlo nonostante la puzza che sentiamo attorno.
Dimostrare che gli adultozzi spocchiosi si sbagliano, che è troppo comodo incolparci dello sfascio del mondo, che devono uscire pure loro dai salotti della tivù e dalle autorevoli pagine dei giornali e andare a parlare con i giovani dei quali tanto dibattono, ascoltarli, provare a capirli, a mettersi nei loro panni.
E magari scoprire che non sono poi così tanto diversi da quando giovani lo erano loro, e magari invece scoprire che sono l'esatto contrario.
Per fortuna.

2 commenti:

  1. Più che d'avanti ad uno specchio forse dovremmo metterci gli uni d'avanti agli altri ed aiutarci reciprocamente a ri-conoscerci. Piacevole lettura del post, grazie!

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  2. Pensandoci, sarebbe sicuramente più utile e più produttivo che autoritrarsi! Conoscere gli altri e attraverso di loro, se stessi. Mica male!
    Grazie a te!

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