sabato 29 dicembre 2012

FATE I BUONI!

A Natale, direi come ogni Natale (e direi anche come ogni estate), è stato trasmesso il film "Il principe e il povero", adattamento del 2000 (non quello con Zack e Cody) dell'omonimo romanzo di Mark Twain.








                                                               

  

[foto, in caso non vi venisse in mente di cosa sto parlando]

In poche parole, Edoardo figlio di Re Enrico VIII Tudor conosce casualmente Tom Canty, mendicante, e i due, rendendosi conto di assomigliarsi in maniera paurosa, si scambiano di posto.
Questo causa situazioni esilaranti ma mette anche il Principe di fronte ad una realtà che non si aspettava: a contatto con le classi più povere infatti, si accorge delle condizioni precarie e sofferenti in cui vivono i sudditi, soprattutto per colpa della (in)giustizia, applicata nel nome di suo padre il Re, che tutelava i più forti.

Comunque io ho acceso la Tivù nella scena in cui Enrico VIII, steso sul letto - di morte - parla con il - finto - figliolo. Qualcosa mi ha fermato dal cambiare canale e mi sono così ascoltata le ultime parole del Re, che con una flebile voce (direi) ha ricordato al figlio:

Le cose che fai poi le ritroverai.
Le cose che fai 
poi le ritroverai 

Ora, sarà stato lo spirito natalizio (dubito), ma mi piaceva provare a mandare un messaggio "buono" e lo faccio da qui, col silenziatore, perchè poi esce fuori che si vuol fare i falsi perbenisti. E non è così.

Chi mi conosce sa che la cattiveria è una delle cose che aborro. Il che non significa farsi perdere per i fondelli dal primo malcapitato che passa.
Significa, al contrario, avere rispetto, sempre, ma davvero sempre, fino a che esso non ci viene negato. Il rispetto è uno scudo, ci protegge da qualsiasi avvincente nemico che voglia accusarci di altrettante qualsiasi colpe, ma è anche una durlindana - su, siamo nel XVI secolo - che ci fa avanzare con sicurezza e prontezza.

Se agiamo con il rispetto dovuto, con l'accortezza minuscola di non fare mai del male, ci muoveremo sempre nel campo della giustizia - concetto che sembra così antiquato e polveroso e che dovremmo tirar giù dalla soffitta un po' più spesso.

Se ci comportiamo bene, e non a Natale o il giorno del compleanno di nostra madre, se facciamo le cose per piacere e non (non soltanto) per tornaconto (il che non significa farsi prendere per i fondelli dal primo malcapitato che passa, e due.), tutto quello che abbiamo fatto ci tornerà utile, in un modo o nell'altro.
Le cose che fai, poi, te le ritroverai.


"La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno." 
Alda Merini.




giovedì 13 dicembre 2012

SOCIAL NETWORK E NUMERI. Qual è la verità?

Mi è arrivato l'ultimo numero di Vogue.
Lo scarto e lo sfoglio: tra le millanta pubblicità di haute couture e l'anteprima del nuovo - buonissimo - profumo di Gucci, Première,

(disclaimer: Gucci non mi ha pagato per la pubblicità, però se non sapete che regalarmi a Natale un suggerimento ce l'avrei)

dicevo, tra le pagine che rendono questo giornale un catalogo più che un magazine, spunta fuori proprio la pubblicità di CONDE' NAST (o meglio, Edizioni Condé Nast), che oltre a Vogue e L'UOMO Vogue possiede il mio amatissimo Vanity Fair, Glamour, AD, GQ, WIRED ed altri titoli molto conosciuti.
Il loro slogan recita: "I NUMERI PARLANO PER NOI".
Infatti, dopo l'elenco, anzi diciamo il conteggio, dei periodici (15), i siti web e mobile (9), le applicazioni dedicate (10) e i milioni di italiani al loro seguito, mi ha colpito molto il loro decantare i 529 mila fan su Facebook e le 280 mila visualizzazioni di novembre su YouTube.

Mi sono chiesta se davvero il potere e l'influenza dei social network stia raggiungendo questi livelli, anche perché, non so se ve ne siete accorti, sempre più aziende, brand, programmi televisivi si avvalgono in maniera peculiare, direi quasi principale, dell'utilizzo dei social nella comunicazione con i clienti/spettatori (si veda X Factor 6 ed il boom boom creato su Twitter oppure lo spam fastidiosissimo che fa Facebook sulla home di ognuno di noi.)

In realtà, come ci racconta Raffaele Mastrolonardo proprio su uno dei giornali Condé Nast (WIRED, n.46, dicembre 2012), da una ricerca di un giornalista di The Atlantic, esaminando la provenienza dei visitatori delle pagine interne dei siti, è emerso che ben il 69 per cento dei link sono scambiati attraverso applicazioni non identificabili come email, chat, instant messagging e non direttamente dalla condivisione degli stessi sui social network.

Quindi mi chiedo: dove sta la verità?
Perchè Condé Nast ritiene importante informarci di aver 529mila fan su Facebook o ancora meglio, usare questo dato per il suo marketing?
E' un numero rilevante ai fini della qualità dei suoi prodotti?
Siamo davvero diventati così stupidi da basare il nostro giudizio sui numeri dei social network?
O è soltanto psicologia spicciola?

Non lo so. Però mi ricordo che "Camorra and Love" aveva qualcosa come un milione di Mi Piace.

Comincio a pensare che avesse ragione Rousseau.

venerdì 30 novembre 2012

- Così incominciò il tramonto di Zarathustra.

Diciamo pure che sarò bizzarra e spropositata nello scrivere questo post.

Zarathustra decide di scendere dalla montagna dopo un decennio vissuto da eremita.
Prova una certa nostalgia per gli uomini: è anche vero che Zarathustra, che è un profeta, scende nella città per predicare tra le folle.
Diciamo pure che vuole svegliare la moltitudine, anche se alla fine s'accontenta di ricercare le anime affini.
Vuol far loro capire che Dio è morto, che noi l'abbiam'ammazzato e blabla fino all'avvento dell'Oltreuomo.

Il punto è che Zarathustra, un giorno, capisce che era ora di smetterla di isolarsi coi suoi bellissimi pensieri e torna tra la gente.

Quando ho scritto il primo post, qualcuno ha commentato che era ora, che tornassi, dopo anni.

Mi sento un po' Zarathustra, che un giorno, si levò all'aurora e capì che il suo cuore s'era trasformato.
Che era ora di scendere nel profondo: come fai tu (opulento astro) la sera quando tramonti dietro il mare e porti luce agli inferi.
L'unica differenza è che io non tramonto per predicare, per profondere e distribuire saggezze.
Io tramonto, torno giù tra gli uomini insieme al caos che mi porto dentro, per provare, magari un giorno lontano, a partorire una stella danzante.

Comunque sto tornando giù, che magari Zarathustra passa di qui un giorno di questi.

lunedì 19 novembre 2012

Perché è un'Italia di merda! (?)

Ho appena acceso la TV.
Jessica, liceale italiana, prende il microfono in lacrime dal pubblico di Pomeriggio 5 e dice che se le cose resteranno così come sono, non ci sarà futuro per i giovani.

La d'Urso s'avvicina, le chiede perchè piange.

Perché è un'Italia di merda!, dice lei.

Poi penso a Monti che ha dovuto mascherare, oggi dal Qatar, la verità detta ieri dal Kuwait, che più o meno parafrasando da "Non garantisco per i governi futuri" è diventata "I governi che verranno faranno ancora meglio".

Poi penso a Ligabue, a Obama, a Renzi, che intonano "Il meglio deve ancora venire."

Poi penso che Sgarbi si è candidato alle primarie del PdL, insieme alla Mussolini e alla Meloni e alla Santanchè.

Spengo la televisione e torno a studiare il pensiero politico antico.
Sarà meglio.
(Comunque è un'Italia di merda?)

lunedì 12 novembre 2012

E' il voler giudicare che ci sconfigge. [Apocalypse Now]


Venerdì 9 Novembre è stato arrestato per spaccio di droga Adoiu Abderrahim, quarantottenne marocchino  saltato alla cronaca neanche un mese fa, da eroe, per aver salvato una famiglia finita in un canale e successivamente ottenuto, per motivi umanitari, il permesso di soggiorno dal Ministro Cancellieri. 

Mentre preparavo pranzo, invece, a Forum, s'è presentato un ventunenne romano mascherato da ultras romanista ma con l'effetto di sembrare, piuttosto, Toro Seduto, proclamando a gran voce che nella SUA Roma non si potesse tifare un'altra squadra - in questo caso la Juve - né festeggiarla davanti al Colosseo, simbolo della sopraccitata SUA Roma. Poi la signora Dalla Chiesa lo prende in disparte e gli fa raccontare la sua difficile storia, mostrando un ragazzo maturo, per certi versi saggio e sensibile: la madre, suicida a causa della depressione; lui, capace di mille lavori ma con nessun impiego poiché senza esperienza; un padre, in pensione a cui non chiedere soldi per il senso di colpa: e la fede in una squadra come assennata ricerca di uno svago dal dolore e di un affetto che tanto gli manca.

Ascoltando entrambe le vicende mi sono resa conto di quanto sia frequente - e ahimè umano, e pertanto, giustificabile - il giudicare a prima vista qualcuno e poi, spesso, doversi smentire. 
Di quanto sia anche gustoso, per chi si crede - ma non è - senza macchia, puntare il dito contro il primo che capita e sparare a zero, senza conoscere un minimo la faccenda.

Per questo, ho pensato ad una cosa che cerco di fare, sempre: non giudicare mai una persona per qualcosa che fa, ma l'azione singola compiuta da quella persona, che subito additeremmo beffardi.
Essere un po' più attenti ci permette di avere le nostre personali motivazioni e quindi un giudizio razionale, comprensibile, motivato e salvifico, per il quale non ci sembrerà tanto strano aver definito un eroe uno spacciatore, o un insensibile un ragazzo che si sente solo.

Ci piace tanto, alla prima occasione, tirare fuori aggettivi coloriti: se ci pensiamo un attimo, però, ci renderemmo conto che come noi giudichiamo loro, che sono così tanto "bugiardi, codardi, faciloni, falsi, arroganti, antipatici, stupidi, ignoranti.." anche loro, giudicano proprio noi. 


(NB: Non uscite fuori dicendomi che le storie di Forum sono costruite - lo so già. Il punto è decisamente un altro.)

venerdì 9 novembre 2012

Oggi nasco io.

Oggi sono nove mesi che mia nonna non c'è più.
La morte di una nonna - improvvisa, ingiusta, inspiegabile - ti scaraventa in un'aridità senza paragoni.
Diventi sterile, non ti si attacca addosso neanche l'ombra di un'emozione alcuna.
Vivo, sì, certo, cammino, mangio, faccio cazzate come sempre, prendo la maturità, vado in vacanza, ma è come se, quel giorno di febbraio pieno di neve e pieno di dolore, mi avessero chiuso in una palla trasparente e impenetrabile.
Interagisco col mondo che però non mi sfiora più.
Poi mi iscrivo all'università della mia vita.
(ri)Inizio a scrivere, scopro nuove passioni e nuove persone.
Piango quando Cavani va a C'è Posta Per Te.
Allora forse non sono tutta secca come le piante in balcone.


Oggi, dopo nove mesi precisi, apro un blog.
Lo partorisco, esattamente dopo nove mesi, come un figlio, e non pensate che io sia pazza o stupida a dire una cosa del genere.
Questo diario è figlio di nove mesi di agonia, di deserto, di dolore, di incredulità. 
Lo apro per dire a me stessa e al mondo che io ci sono ancora.
Non sono secca, le mie radici pulsano e aspettano frutti nuovi.
Certo, non posso pretendere di diventare l'Agatha Christie del nuovo millennio.
Per adesso lasciatemi piangere il sabato sera su Canale 5, che niente non è.