lunedì 2 dicembre 2013

L'omosessualità nello sport e la non-notizia di essere gay.

Il mio idolo adolescenziale ha appena pubblicato un video in cui si dichiara gay e felice.
E' Tom Daley, ha un anno meno di me ed è un tuffatore olimpico salito alle luci della ribalta (e scalando le pareti del mio cuore) ai Mondiali di Nuoto di Roma 2009, quand'è diventato campione del mondo dalla piattaforma dei 10 mt alla veneranda età di quindici anni.


In questo momento tutti ne parlano, riaffacciandosi sull'annoso tema dell'omosessualità nello sport.
Un'intervista ad uno sportivo sì e l'altra pure, il giornalista di turno non manca di chiedere se esistono i gay nel mondo agonistico, perché è così difficile fare coming out e soprattutto perché sia ancora un argomento tabù.
Io che sportiva non lo sono mai stata faccio fatica a capirlo, ma ci provo.

Partiamo dal presupposto che credo fermamente nella Scala Kinsey e che di conseguenza trovo deplorevole, insensato e assolutamente ingiustificato giudicare qualcuno in base al suo orientamento sessuale. Il merito dello studioso Alfred Kinsey è quello di essere stato uno tra i primi a sottolineare la bellezza delle particolarità e delle diversità anche nella sfera sessuale dell'uomo, andando a "catalogarla" in base alle esperienze, agli stimoli, alle sfaccettature. In poche parole, egli introdusse una scala che divideva in sette livelli le tendenze sessuali, sottolineando le variabili dinamiche dei comportamenti umani.

"Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso."
(da Il comportamento sessuale dell'uomo di Alfred Kinsley)

Gli stimoli, appunto, sono proprio ciò che in questi casi si tende a nascondere e a soffocare sotto montagne di ipocrisia e falso perbenismo.
Quello che io proprio non capisco è perché per un calciatore o una pallavolista dire di essere gay dovrebbe essere più difficile che per un idraulico o per una professoressa.

Ho googlato un po' prima di scrivere questo post, e in effetti pare che un motivo ci sia. Il mondo dello sport, nonostante tutto, sembra resti ancora fortemente omofobo, in particolar modo quello italiano. (Mi viene in mente l'importanza che il fascismo diede allo sport e alla sua componente energicamente virile e sana.)
Pare che il tifoso non perdonerebbe un simile affronto proveniente dal suo idolo, pare che le ripercussioni della verità personale possano addirittura diventare pericolose per lo sportivo. (Lo sapevate che la Fifa ha emanato il divieto ufficiale di baciarsi dopo un gol?)

Intanto sono uscite su VanityFair.it delle dichiarazioni a riguardo del pallavolista italiano Gigi Mastrangeloche cito (e linko):
"Credo che in questo ambiente dichiararsi sia più difficile perché chi fa sport spesso fa parte di un gruppo, di una squadra e si ha più paura di essere emarginati e guardati con occhi diversi"
Insomma, pare che l'omosessualità negli sport sia tanto nascosta quanto diffusa, e a conti fatti forse evitare dichiarazioni non richieste potrebbe salvare carriere e pelli dall'ipocrisia italiota doc.
E' anche vero che la maggior parte dei coming out avvengono dopo il ritiro dal professionismo, soprattutto negli sport di squadra, che prevedono la condivisione di spazi comuni per molte ore al giorno (e sembra questa una questione delicata da non sottovalutare).

Quando qualcuno esce allo scoperto, tolta l'eco che si porta dietro, non posso fare a meno di domandarmi se ci sia e quale sia il confine tra la vita pubblica e quella privata, e se fare coming out sia davvero necessario.
Mi rispondo che logicamente no, non è necessario, la stima e l'ammirazione che provo per un atleta se li è guadagnati sul campo (in piscina, o in pista) e non di certo in camera da letto. E di conseguenza e generalizzando, trovo che non sia affatto necessario che nessuno lo debba dire.
Ma praticamente sì, secondo me può essere vitale, soprattutto in una realtà come la nostra. Il perché, però, io non riuscirei mai a spiegarlo nel modo perfetto in cui lo ha fatto l'attore Carlo Gabardini (ve lo ricordate Olmo di Camera Cafè?) in una lettera bellissima a Repubblica dello scorso 31 ottobre - diretta ad un ragazzo gay morto suicida pochi giorni prima a Roma - che riassunta fa più o meno così:
"Essere gay è bellissimo. Essere gay o eterosessuali è assolutamente la stessa cosa. E' come dire biondo, castano, alto, magro, sportivo, tutte quelle cose che ovviamente fanno parte di noi, ma nessuna di esse presa singolarmente ci definisce del tutto. Se tu finalmente ti convinci di essere nella tua squadra del cuore, la più splendente perché meglio definisce i tuoi gusti sessuali, beh, allora che ti frega che — quasi sempre per invidia — quelli di altre squadre ti prendano in giro? Se capisci che fai parte di una squadra, capisci anche — ed è importantissimo — che non sei da solo." 
"Ci si innamora di un essere umano, non di una sessualità. Io mi innamoro di Alessia, di Salvatore, (..) non delle donne o degli uomini, non dei pittori o delle pittrici, e neppure degli scrittori o delle scrittrici. Ma ve lo immaginate nascere in un posto dove ti dicono: tu puoi amare solo le musiciste donna oppure i tabaccai maschi? Non è così. Ci si innamora di chi ci s’innamora."
E finisce, placa, chiarisce e ci mette tutti d'accordo.
"Io della mia omosessualità non parlo mai perché penso che non sia una notizia. Ma se la non-notizia di esser gay, nel momento in cui viene dichiarata da tutti i gay, può salvare anche solo un ragazzo dal proprio proposito di suicidio, beh, allora lo dico: io sono gay."
Ebbene, se oggi Tom Daley non avesse pubblicato questo video, probabilmente le cose non sarebbero cambiate di una virgola. Ma oggi Tom Daley ha preso un cellulare e ha detto a tutti che da questa primavera la sua vita è cambiata radicalmente, perché ha incontrato una persona che lo rende tanto felice e lo fa sentire protetto, e che da quel momento tutto sembra andare bene. Solo dopo aver parlato di felicità e di protezione aggiunge: questo qualcuno è un ragazzo, sì sì, il mio mondo è cambiato, ora esco con un uomo e non potrei mai essere più felice di così. 
Tom non vuole fare speculazione o creare stupidi rumour: preferisce sedersi su un divano e parlare ai suoi fan della sua non-notizia. Voleva essere sicuro che lo sapessero da lui, in questo modo, come da un fratello o da un amico. Poi parla di Olimpiadi, di allenamenti, e sorride. 

Di sicuro le cose stanno cambiando. A partire da Daley, Jason Collins e via via grazie a tutti quelli (sportivi/e o meno) che hanno la voglia e il coraggio di dare al mondo le loro non-notizie. 
Mi piace pensare ad un futuro in cui sia lo stesso dire "sono gay", "gioco a rubgy" o "sono allergico al polline".
Un mondo in cui fa più scalpore un ladro, un violento che due ragazze o due ragazzi che si danno un bacio.

Sono d'accordo con Gabardini quando dice che il problema vero non sono gli omofobi, ma i non-omofobi che non alzano la voce.
Se credete che sia una visione utopica e improponibile, invece di scuotere la testa e dissentire provate anche voi a trovare la voglia e il coraggio di educare i vostri fratelli piccoli o i vostri figli alla tolleranza, seminate la correttezza e il rispetto in loro che, vergini da pregiudizi, sono ancora in tempo per essere persone giuste.

Le persone sbagliate sono quelle che ancora credono lecito giudicare gli altri in base alle emozioni che provano. 

lunedì 25 novembre 2013

GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO

Oggi 25 novembre è la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.
Le giornate internazionali, così come le settimane, gli anni, i decenni vengono designati a favore della sensibilizzazione umana riguardo argomenti di interesse internazionale (la lista completa qui) e incentivano la discussione, l'informazione, le manifestazioni e tutto ciò che possa essere utile al fine di muovere animi, coscienze, persone.

Non mancano le voci fuori dal coro che, al solito, sostengono che non bisogna armarsi e sostenere cause solo una volta l'anno, bensì tutti i giorni, perché le battaglie contro i mali dell'uomo non finiscono mai.

Il dibattito - se così si può chiamare - si protrae da sempre:  non è che possiamo ricordarcene sono una volta all'anno! dobbiamo pensarci sempre! e poi hanno davvero senso tutte queste giornate contro? funzionano?

Io rispondo che sì, ne hanno e pure tanto.
In primo luogo perché non è vero che combattendo per una causa oggi, ce ne dimentichiamo domani e il resto dei giorni dell'anno fino a nuovo ordine. Non possiamo dimenticarci degli stupri, dell'AIDS, dei danni del fumo, delle malattie rare, dell'omofobia, delle vittime delle torture o dell'amianto, e anche di tutte quelle cause sostenute che non sono per forza negative, come la proprietà intellettuale, i libri, l'alimentazione.
E poi è un discorso retorico: non è che se domani è il tuo anniversario di matrimonio, il resto dell'anno ti dimentichi di avere un marito.

Io, che non mi accontento, il senso di queste giornate lo sono andata a cercare nei loro nomi.
Tra quelle riportate dalla lista di Wikipedia, che suppongo siano tutte quelle ufficiali (ne ho contate 84), quelle istituite CONTRO qualcosa sono soltanto 3 (contro l'omofobia, contro l'AIDS e contro l'abuso ed il traffico illecito di stupefacenti - deduco a causa dell'impossibilità di trovare terminologie contrarie e ugualmente efficaci)
Tutte le altre sono fatte PER qualcosa: che sia lottare, difendere, ricordare, lodare, salvaguardare, amare o pregare. 
Sono fatte per puntare i piedi.
Sono aggregazioni di intenti senza confini e senza colori di pelle, sono eventi attivi, positivi e propositivi: il mondo si dà appuntamento per marciare unito, per combattere, costruire, innescare, con fini nobili, messaggi intramontabili, scopi supremi che annientano ogni diversità.

Il motivo per cui sono battaglie annuali me lo ricorda Alexander Dumas padre con il suo famosissimo, utilizzatissimo, consumatissimo: Uno per tutti, tutti per uno. 

Le lotte non si fermano mai. Semplicemente una volta l'anno ripassano dal Via!.

venerdì 22 novembre 2013

Chi lo ha detto che i valori non esistono più?

{PREMESSA: questo è un post estremamente generalista. Non parla di comportamenti assoluti adottati da tutta la totalità del genere umano per tutto il tempo. Ho centrifugato i pensieri e ho provato, credo invano, a tirarne fuori un discorso per me logico. Se vi riconoscete in tutte le situazioni prese in considerazione nel pezzo che segue, beh.. mi dispiace per voi}

Oggi a pranzo si parlava dei modelli che trasmettono, con una certa sfrontatezza, i mass media.
Più precisamente si parlava dell'epidemia dei Compro Oro et similia che si sta diffondendo a macchia d'olio in tutto il nostro paese e delle pubblicità che vogliono convincerti che sia giusto vendere gli oggetti della tua vita per andare in crociera o comprarti il tablet.
Poi, oggi pomeriggio, colpa della digestione, ho riflettuto.

Secondo il mio modestissimo e ignorantissimo parere, ci siamo troppo abituati a ingoiare le cose senza masticare, ad accettare dinamiche senza interrogare e senza interrogarci.
Stiamo assistendo (e partecipiamo, spesso) all'omologazione della specie.
O in parole ancora più povere, non ci conosciamo più.

Questo pensierino mi dribbla l'occasione per parlare di una cosa che penso da un po'.
Soffro quando sento (toh, in tivù!) adultozzi presuntuosi dire che nella nostra generazione non ci siano più valori, che ce li siamo persi tutti per strada, che siamo un branco di spaventapasseri nudi -relativamente- e crudi e che camminiamo come zombie seguendo i trend del momento.

Quello che penso io, invece, è che i valori si trasmettono, come i principi, nessuno li sposta, li brucia, li perde in giro e poi non li trova più. Penso che questa che noi ventenni (anno più, anno meno) abbiamo depredato i valori dell'umanità sia una scusa bell'e buona, il dito dietro cui nascondersi (perché questi adultozzi sapientoni ce li avranno i figli della mia età, e un paio di domande prima di sparare a zero sulla loro generazione e sull'educazione che ha avuto se le saranno pur fatte).
Perché, se di generazioni parliamo, questi qui avranno l'età dei miei genitori e forse qualcosa in più: e sono quelli che con poche giustificazioni moralmente accettabili hanno rovinato il mondo sfruttandolo in maniera sconsiderata, riempiendolo di ingiustizie, di soprusi, di cemento, di rifiuti, di schifo no-stop.
Sono quelli che ora hanno cinquanta o sessant'anni e vanno a fare i viaggi sessuali, quelli che siedono in Parlamento, quelli che fanno le guerre, che disboscano, che non sanno cosa sia il car pooling, quelli che recitano nelle pubblicità dei Compro Oro, quelli che hanno fatto e che continuano a fare. E mi chiedo dove siano i loro valori e perché puntano tanto il dito contro di noi.

Non so se mi sono spiegata, il punto è che io non credo affatto che si siano persi i valori e soprattutto che lo abbiamo fatto noi che ci siamo affacciati al mondo l'altro ieri e che l'unica colpa che abbiamo è di essere i figli di quelli là.

Credo che il nostro problema sia la società che abbiamo trovato quando siamo venuti al mondo e chi l'ha fatta diventare così. Non parliamo con i nostri genitori, perché gli mandiamo un messaggio su Facebook per dirgli di farci la ricarica sul cellulare. E loro, invece di strigliarci, ci rispondono con una faccina sorridente, senza punteggiatura, e poi condividono la foto del micio peloso che augura Buona Giornata a Tutti i Miei Amici di FB.
Il nostro problema è che non facciamo più in tempo a chiederci quale sia la realtà che vogliamo perché qualcuno ne ha già fabbricata una per noi, non crediamo più nel matrimonio perché qualcuno lo ha già distrutto per noi, non crediamo nell'amore e nell'amicizia perché qualcuno ha tradito e allora siamo tutti stronzi ed è meglio soli che accompagnati, bene o male chissenefrega. Il nostro problema è che non ci mettiamo più davanti allo specchio perché pensiamo che le risposte le dobbiamo cercare altrove, non leggiamo più libri perché qualcuno ci ha convinto che sia una perdita di tempo, non ascoltiamo Bach perché è una gran rottura e non impariamo a fare la torta di mele o a caricare la lavatrice perché siamo pigri.

La pigrizia che non ci fa aprire gli occhi e dire no al mondo che ci propinano i grandi e i media, e i grandi che fanno i media, perché è comodo prendere quei valori lì e farli nostri senza riserbo, senza domande.
Io direi che dovremmo spegnere la tivù più spesso e metterci davanti ad uno specchio, chiederci quali siano le cose che consideriamo più importanti, quali invece ci facciano schifo, chiederci se mai daremmo la vita per qualcosa, quanto ci importa del rispetto altrui, se crediamo in qualche dio, come poterci far perdonare dalla persona che abbiamo ferito. Dobbiamo scegliere noi i nostri valori, dobbiamo imparare a conoscere la nostra natura, e a farlo nonostante la puzza che sentiamo attorno.
Dimostrare che gli adultozzi spocchiosi si sbagliano, che è troppo comodo incolparci dello sfascio del mondo, che devono uscire pure loro dai salotti della tivù e dalle autorevoli pagine dei giornali e andare a parlare con i giovani dei quali tanto dibattono, ascoltarli, provare a capirli, a mettersi nei loro panni.
E magari scoprire che non sono poi così tanto diversi da quando giovani lo erano loro, e magari invece scoprire che sono l'esatto contrario.
Per fortuna.

sabato 9 novembre 2013

Le dieci canzoni più ascoltate sulla Confò-Panda / Ottobre

Spotify mi lascia fare e YouTube contribuisce.
Questo mese di ottobre sono così andata alla ricerca di nuova musica per la mia macchina e per la mia serenità. Rifugio sicuro (la musica, non l'automobile), congelatore di stati d'animo che tiriamo fuori al bisogno, immediatamente pronti all'uso.

C'è una musica giusta per ogni singolo evento della nostra vita, ogni ricorrenza, ogni tratto di strada che percorriamo. C'è dagli altoparlanti delle città, c'è negli auricolari che non ci lasciano soli, c'è nella nostra mente e quella canzone proprio non riusciamo a mandarla via.
Custode dei nostri ricordi, allieta il mondo come niente altro mai.

Quando compriamo una casa la arrediamo con le cose che le stanno meglio addosso, che ci fanno sentire nel nostro posto. Se avete un'automobile, mi potete capire. E' la compagna delle avventure e delle sensazioni della giovinezza, scappa con noi dal mondo, ci porta dove stiamo bene. Ci salva, a volta ci intrappola, e per questo ha bisogno di un'atmosfera perfetta.

Quelle che seguono sono le dieci canzoni più suonate dalla mia Panda nel mese di ottobre.

Mumford & Sons - Below My Feet


Meghan Tonjes - Simply The Best 


Emeli Sande - Next To Me (Acoustic)


Jovanotti - Un'Illusione


Jessie J - Nobody's Perfect (Live) 


Birdy featuring Mumford & Sons - Brave OST


Ed Sheeran - Give Me Love (Captured in the Live Room)


Bon Iver - Holocene 


Birdy - The District Sleeps Alone Tonight


Fiorella Mannoia - Sempre e Per Sempre


Stare in automobile è bello, con la nostra musica.
Peccato che ogni tanto bisogna scendere.

lunedì 9 settembre 2013

Farsi delle promesse

Oggi mi sono fatta una piccola promessa.
In questo ultimo anno ho comprato ed accumulato libri senza finirne, o nella maggior parte dei casi iniziarne, neanche uno.
La mia filosofia secondo cui siano i libri a sceglierci - e non viceversa - è sempre valida.
Ma sono arrivata ad un punto che sento di averne acquistati abbastanza (la libreria vomita) e ho deciso che non acquisterò più un libro - se non in casi eccezionali di libri imperdibili o che cerco da una vita - fino a che non ne avrò letti abbastanza.
Con abbastanza intendo 15, 20 libri. E non sono una che i libri li divora, ma magari chissà.

Ho sempre pensato che i libri siano i libretti di istruzioni del mondo.
L'ultimo uscito di Baricco ne è la conferma (trallallà): ha raccontato su "La Repubblica" i migliori cinquanta libri letti negli ultimi dieci anni, ha raccolto tutto in un piccolo fascicolino che si intitola proprio come quello che lui pensa sia stato lo scopo di tutto quel leggere, ovvero l'essersi fatto "Una certa idea di mondo".

Il punto è che farsi delle promesse, qualsiasi esse siano, è bellissimo.
Primo, perché stiamo sfidando i nostri stessi limiti. Metterci alla prova e vincerci è doppiamente eccitante. Imparare a conoscere i cunicoli della nostra vera natura ci sarà d'aiuto.
E secondo, perché siamo noi stessi a stabilire le nostre regole, e ad accordare le nostre scappatoie. Ci alleniamo ad essere leali sulla nostra pelle, ci diamo la nostra stessa parola; non è un'immagine poetica?

{Ho deciso pure che lascerò qui di fianco un box che aggiornerò con i titoli dei libri che finisco di leggere. Così mi tengo sotto controllo davvero e chi passerà di qui potrà vedere la roba che spicca nella mia libreria.}

martedì 27 agosto 2013

Toglietemi tutto, ma non il mio Vanity Fair (più o meno)

Il postino mi aveva appena consegnato GQ di agosto e ho capito che fosse il momento di scrivere.
Nel 2007, quando all'inizio di giugno uscì la copertina di Vanity Fair con Kakà al top della sua carriera al Milan, stavo per compiere quattordici anni. Da brava tifosa prendo Vanity in edicola e in mano per la prima volta, scatta qualcosa e dopo un mese ero già abbonata.
Raccontavano le persone e le storie del mondo in un modo che mi lasciava senza fiato e piena di domande.
Il mio giornale arrivava a casa di venerdì, così avevo proibito alle amiche di anticiparmi la storia di copertina e ai miei familiari di aprire e sfogliare il giornale prima che tornassi da scuola.
Era un rituale a cui non potevo rinunciare: prima Mina, poi Capitani, poi Daria e la posta dei Direttore Luca Dini. Leggevo gli articoli senza conoscerne l'autore e giocavo ad indovinare chi li avesse scritti (Andrea Scarpa non mi sfuggiva mai).
I miei genitori non capivano perché non riuscissi a buttare via i vecchi numeri che si accumulavano. Mi sentivo compresa da tutti coloro che scrivevano di non poter fare a meno di Vanity Fair: c'era la mamma che tagliava a metà il giornale (pesantissimo) per leggerlo a letto e il ragazzo che lo leggeva di nascosto dalla fidanzata abbonata (e felice). Insomma, era proprio amore.
Ero una ragazzina che si affacciava al mondo attraverso quelle parole: le amavo proprio tutte, ma un po' di più quelle che uscivano dall'imprevedibile penna di Gabriele Romagnoli (ne ho già parlato, qui).
Ricordo i suoi pezzi come se li avessi letti ieri: il finto funerale nell'Estremo Oriente, tifo e divorzio direttamente dal Camp Nou, la storia della sua vita attraverso i suoi gatti, Fulton Street e prima ancora le storie dell'abbonato qualunque pescato a caso, perché – diceva – ognuno ha una storia da raccontare.
L'amore per raccontare le storie è venuto anche a me, che nei primi anni di liceo riempivo le colonne del giornale della mia città. Scrivo solo quando mi brucia dentro qualcosa, quando sento che la devo raccontare a qualcuno.
Poi, un giorno, il 25 gennaio 2011 – che tra l'altro compie gli anni Alessandro Baricco, altra pietra miliare della mia adolescenza – Gabriele parla dell'ultimo giorno a New York che non doveva esserci preannunciando il nuovo incarico di Direttore a GQ Italia. E' finita – dice – questo è il mio ultimo articolo. E poi parafrasando, che lo faceva per noi lettori, che il giornale gli aveva dato tanto, e chiudeva con un augurio malinconico citando Kant e lasciandoci una nuova lezione, proprio come ci aveva abituati.
Il mio abbonamento stava per scadere, Romagnoli se ne andava e così cedo alle insistenti minacce dei miei genitori e non rinnovo l'abbonamento. Facevo il quarto anno. Stavo per compiere diciotto anni. Ero una ragazza mai abbastanza illusa dall'amore, più innocente di quanto si pensasse, in fondo serena.
Smetto di leggere il mio giornale e contemporaneamente smetto di scrivere. Online o sulla carta non c'è quasi più traccia di me. Si avvicinava la maturità e i miei temi erano diventati sempre più aridi e meccanici, per compiacere la poco malleabile prof di Lettere che non capiva perché rifiutassi categoricamente l'analisi del testo.
In un anno perdo entrambi i nonni che mi hanno cresciuta: scrivo sì, ma solo i loro necrologi. La gente mi incontra per strada, proprio come faceva quando scrivevo delle morti di Michael Jackson o di Jade Goody anni prima, e mi dice di aver pianto leggendo le mie parole.
E' il 2013 e decido finalmente di abbonarmi a GQ: il mio cuore aveva fatto pace con Romagnoli, ero pronta a leggerlo di nuovo e a ricominciare a scrivere.
Col primo numero va tutto liscio. Dal secondo cambia il capitano della nave di Gentlemen's Quarterly e Romagnoli mi abbandona di nuovo. Poi scopro, per caso, l'altra settimana, comprando Vanity in edicola dopo due anni, che il capitano è rimasto solo ed è tornato a scrivere lì.
Io nel frattempo ho ricominciato a raccontare le cose, proprio come mi hanno insegnato sei anni fa.
Sfoglio le pagine del sempre mio giornale e mi salta all'occhio che hanno messo in palio un posto per la Scuola Holden, il mio sogno proibito (ormai un po' troppo mainstream e svuotatasche) e bellissimo di sempre.
Mi mangio le mani. Però lo scrivo lo stesso: il posto in palio era chi avesse mandato in redazione il migliore ritratto di una donna. Ho scritto, più o meno, il mio. Fiera di quello che sto costruendo, pronta a farmi le ossa in questo mondo che ci riserva sempre un mucchio di sorprese.
Non posso perdermi il Capitano Solo; ritornerò ad aspettare Vanity nella cassetta della posta.

martedì 30 luglio 2013

CAMERINO ci spiega la differenza tra VIMEO e YOUTUBE

La mia Camerino mi dà il la per parlare di video-sharing e di piattaforme online di video-publishing, enorme risorsa 2.0 per videomaker indipendenti e soprattutto amatoriali che sfruttano la potenzialità di questi social network a costo zero.
Tolto il nostro piccolo YouReporter, primo sito italiano di giornalismo partecipativo - fonte a tempo quasi reale di telegiornali alla ricerca del punto di vista perfetto - direi con assoluta certezza che i due siti web di condivisione di file audio-video più conosciuti e utilizzati siano YouTube e Vimeo.


Il primo, nato del febbraio del 2005 dalle menti di Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim e acquistato da Google Inc. nell'ottobre del 2006 - per 1,65 miliardi di dollari - ospita oramai qualsiasi genere di contenuto, e nonostante le sue linee guida sui diritti per la privacy e del copyright (miste alle restrizioni riguardanti violenza e molestie) la maggiorparte del materiale visibile non è inedito e comprende spezzoni di programmi TV, partite di calcio e di altri sport, videoclip musicali, pubblicità, trailer e scene di film e telefilm.

Se è quasi ormai scontato credere che tutti conoscano e utilizzino la piattaforma targata Google, è molto meno ovvio, soprattutto da queste parti un po' meno social, che si abbia sentito parlare di Vimeo: sito di rete sociale di proprietà di IAC (InterActivCorp) dal 2006è uno YouTube più piccolo, più sconosciuto e più incontaminato.
Nonostante questo, è stato fondato - da Jake Lodwick and Zach Klein - nel novembre del 2004, precisamente quattro mesi prima del terzo sito più visitato al mondo
Al di là dei confronti tecnici e qualitativi, che potrete trovare qui, qui, e soprattutto qui, Vimeo - primo della categoria a consentire il caricamento in alta definizione - è amatissimo da un'utenza più professionale o quantomeno alla ricerca di contenuti qualitativamente alti.

Non è consentita la pubblicazione di video che non siano stati creati ex novo dall'utente (che può scegliere un account Basic gratuito, uno Plus o uno PRO), prerogativa fondamentale questa che rende Vimeo il covo di videoamatori e videomaker.
Anche il nome la dice lunga: non solo è l'anagramma di movie, ma essenzialmente è la parola video con all'interno me, che rafforza il significato del progetto.

Ma che c'entra Camerino?
Da qualche giorno circola sulle bacheche dei miei concittadini camerti QUESTO VIDEO sulla nostra città caricato su Vimeo, che mi ha fatto pensare ad un confronto pratico per chi è un po' meno tecnologico ed informato dell'esperto internauta.
E' ben fatto, la musica scelta è evocativa e soprattutto la qualità dell'elaborato supera, di molto, il video-medio (un po' trash) che troviamo su YouTube, proprio come QUESTO QUI.

Scherzi a parte, YouTube è piena di cose belle e interessanti ed il confronto che ho voluto fare è piuttosto ironico. I parametri su cui giudicare le due piattaforme sono tanti e dei più disparati, ma mi piaceva cogliere l'occasione per proporre due video diversi ed ugualmente particolari sulla nostra bella e ricca città e magari invogliare qualcuno a esplorare il web un po' più a fondo.

venerdì 12 luglio 2013

La scempiaggine del genere umano

Giuro che ci ho provato a non scrivere questo post.
Pensavo che non ci fosse limite al peggio, che tutto il trashume fosse già stato inventato e proposto in ogni sua possibile forma.
Pensavo che ci fossimo evoluti ma evidentemente non avevo ancora visto bene.
Per tutti coloro che ancora non hanno scoperto l'ebbrezza dei pre-festeggiamenti, ecco un'escalation tutta Made in Italy della scempiaggine del genere umano.









giovedì 11 luglio 2013

La Ligabuite

La forma più acuta di Ligabuite l'ho contratta due anni fa.
Non sono una di quelle persone malate fino all'osso, non sono iscritta al Bar Mario, non ascolto solo Ligabue tutti i giorni e non disprezzo Vasco Rossi per partito preso.
La musica di Ligabue è una musica semplice e incisiva. E' quella in cui vado a rifugiarmi quando qualcosa in quest'architettura complessa della vita cede.
E' piena di verità, racconta di quando stiamo tanto bene e di quando stiamo malissimo. Di quando vaghiamo per il mondo senza certezze e di quanto siamo bambini pieni di sogni.
Le sue canzoni sono delle coperte calde, degli amici sinceri, dei regali inaspettati. La biografia del mondo.
Due anni fa a Natale ho chiesto ai miei nonni di regalarmi il triplo CD di Campovolo 2.011 e poi la domenica dopo l'Epifania eravamo tutti in macchina e ho fatto sentire a mia nonna Il giorno di dolore che uno ha.
Nonna, senti quanto è bella questa! - le dico.
Si..ma dice "merda"????!!! Che ascolti!! - risponde lei.
Un mese dopo Il giorno di dolore mi ha aiutato come niente altro e come nessun altro ad accettare la sua morte. Ne conservo un ricordo dolce, una battuta su quello che poi sarebbe stato il nostro destino.
La vita gioca brutti scherzi e non se ne ravvede, ma la musica ci salva, sempre.

lunedì 1 luglio 2013

Ad un anno dalla maturità.

Esattamente un anno fa uscivo per sempre dal liceo.
Il mio esame orale non è stato proprio la perfezione: in cinque minuti ho esposto la tesina di cui tanto ero orgogliosa e che non ho saputo far apprezzare a chi doveva giudicarmi. 
Poi, siccome non bastava e siccome il karma è una testa di cazzo la commissaria di italiano mi ha sottoposto ad un terzo grado su Foscolo, autore che più ho odiato e che per tigna non avevo studiato
Ho capito che le cose non vanno sempre come vorresti quando lei mi ha chiesto il nome dell'amica risanata.
Il fatto è che gli esami sono una grande porchetta: un interrogatorio di 45 minuti non può valere più della somma di tutto il lavoro fatto durante il triennio (30 punti contro 25) e oltretutto non è di certo il diploma che ci dà la maturità. 
Era il 1 luglio e sono tornata a casa piuttosto in pace con me stessa.
Quel giorno lì ho visto su YouTube un video sulla maturità, che mi ha fatto scattare qualcosa di imprecisato e di bello dentro: la voglia di capire e di raccontare, di mettermi in gioco per davvero.
Lo sapete e i post qua sotto lo dicono: non è stato per me un anno facile e leggero, ma il giorno della maturità (quella vera) ho capito che bisogna a tutti i costi reagire al destino o al caso o al karma o a qualunque cosa voi crediate guidi la vostra esistenza.
Bisogna farlo senza avere paura di dire quello che si pensa e sopratutto senza mentire, agli altri e a se stessi.
Io mi sono iscritta al corso di studi che ho sempre sentito mio ma che, per paura, non ammettevo.
Quella sensazione imprecisata si è manifestata con i mesi e con le persone che ho conosciuto, e così ho creato Passione YouTube.
Ho capito anche l'importanza di farci portatori di messaggi positivi e di buone intenzioni, sempre perché la vita è una ed essere cattivi è una perdita di tempo.
Ora che è un anno preciso che ho finito i miei esami, sto studiando per superare i prossimi.
Nel frattempo lavoro, scrivo, racconto le cose che mi piacciono, sorrido sempre di più e non mi accontento mai.
Sono serena e il mondo sembra averlo capito.

lunedì 13 maggio 2013

Il tempo è prezioso/Ferite


Scrivo solo quando ne ho voglia e non è questo il caso: non ero pronta a doverlo fare di nuovo. Di solito affido alle parole scritte quello che a voce non riesco a dire e soprattutto quello che vorrei condividere con gli altri. Giovedì 2 maggio, con un solo giorno per prepararci, e dopo un solo anno dalla morte di mia nonna Iolanda, ci ha lasciato anche nonno Raul, nello stesso modo, tremendo, inaspettato.
Pochi mesi fa scrivevo che da quando mia nonna se ne era andata a casa si respirava un clima insolito, ma non troppo diverso da farci sentire completamente la sua mancanza: non era diverso perché c'era lui che con la sua allegria e la sua forza, che mai per un attimo lo ha abbandonato, ci ha fatto dimenticare a volte del vuoto che avevamo tutti dentro.
Mio nonno, nonostante i suoi 85 anni e il corpo non più agile come un tempo, ha lavorato e pensato alle cose da fare fino all'ultimo giorno, ha reagito al destino che gli aveva portato via una moglie troppo presto e ha occupato tutte le nostre giornate e i nostri spazi vuoti da quel momento, ha scandito ogni giorno e ogni decisione, ha partecipato con serenità ad ogni momento.
Io lo so che devo consolarmi perché se ne è andato senza stare male, quasi senza accorgersene, lo so che bisogna essere pronti anche se non lo si è mai veramente e che devo essere felice perché ho vissuto con loro i primi venti anni della mia vita e non a tutti succede, ma è difficile perdere i nonni che mi hanno cresciuta in questo modo e in così poco tempo, è difficile perdere il nonno che ha mangiato affianco a me per tutta la mia vita, che ha vissuto ogni tappa importante, che mi faceva sempre vincere a carte, che mi ha insegnato tanto pur con le sue poche parole, che si commuoveva quando tornavo a casa e gli facevo vedere i voti degli esami.
Se ho imparato una cosa è che non dobbiamo mai dare nulla per scontato, non dobbiamo rimandare le cose importanti, per chiedere, per conoscere la vita dei nostri nonni o delle persone a cui vogliamo bene e per sapere da dove veniamo e chi siamo. Ci sono cose che avrei voluto chiedergli e che per un motivo o per l'altro non ho chiesto mai. Per questo voglio approfittare per dirvi di non perdere tempo, mai, con nessuno. Di parlare, di andare a trovare una persona che ci manca, di fare un regalo inaspettato, di andare in un posto che vorremmo tanto tanto vedere. L'inaspettata quotidianità della vita ci deve insegnare a non perdere tempo perché è la cosa più preziosa che abbiamo, eppure sembra che lo dimentichiamo spesso. Dedicare il nostro tempo a ciò che ci fa sentire meglio, ascoltare la nostra coscienza, essere altruisti, buoni, positivi, nonostante tutto. Nonostante dalla finestra non vedrò più mio nonno occuparsi dei suoi animaletti, nonostante non gli dovrò più ricordare le pasticche da prendere, nonostante non lo accompagnerò più al cimitero a trovare mia nonna ma insieme, ora, mi accompagneranno per ogni passo e in ogni giorno che vivrò.

mercoledì 10 aprile 2013

Stand By Me

Io dovrei studiare un centinaio di pagine prima di dormire stanotte ma non ne ho proprio voglia.
C'è un tizio su Spreaker che si è inventato una Radio Triste ma Triste Bella. e la sto ascoltando.
Abbiamo vite indaffarate e piene di idee e progetti e di lezioni, di esami, di impegni a casa e in giro, di amici da sentire che a volte ci dimentichiamo di prendere del tempo per noi soltanto, ascoltare musica e rimettere a posto il cuore.
E' importante, credo, per ricordarci chi siamo.
Per continuare sulla nostra strada.

Questa è la musica che di solito ascolto io quando mi perdo.

Non ho la presunzione di pensare che sia la musica di cui tutti abbiamo bisogno.
Il fatto è che poi io dopo un po' mi ritrovo, tipo adesso, che sono arrivata all'ultimo pezzo e mi è venuta voglia di studiare.

Ma ora ho il cuore pieno ed è, solo, questo, che, conta.


giovedì 7 marzo 2013

Feste che mi avvelenano il sangue

Devo scendere a patti con una società nella quale capita che io non riesca a riconoscermi.

Volevo scrivere un post di ragionamenti, di congetture sul perché la società trasforma ricorrenze in gingilli pubblicitari privi di ogni qualsivoglia morale.

Volevo davvero mettermi a leggere decine di articoli sulle 130+ donne ammazzate nel 2012 in Italia e scrivere che non possiamo festeggiare in una società dove le donne vengono squartate, fatte a pezzi, sgozzate, soffocate, date in pasto ai cani, stuprate da branchi di uomini, seppellite, chiuse in sacchi della spazzatura, sfruttate, rinchiuse, derise, silenziate, picchiate, molestate.
Una società di maschi che si ricordano che le proprie compagne siano donne solo l'8 marzo, perché ce ne sono e sono tantissimi, e le lascino sfogarsi e strusciarsi addosso ai fusti nei locali.
Mi chiedo cos'abbiano in testa quelle femmine che domani sera si acchittano, si scoprono e vanno a zoccoleggiare per il mondo. Ma mi chiedo pure cos'abbiano in testa quelle che vanno in pizzeria a festeggiare tra sole donne.
Per non parlare degli eventi, delle locandine piene di addominali e di mimose, degli auguri che riceviamo tutti i  benedettissimi anni.

Volevo scrivere e ragionare sulla condizione sociale della donna in Italia e nel mondo, sull'ipocrisia dilagante e sulla violenza domestica, ma tutto ciò che mi viene da chiedermi e da chiedere a chi leggerà è


Che cazzo ci augurate? Che cazzo festeggiate?

giovedì 28 febbraio 2013

I miei capelli profumano di miele

Evviva. Sono ancora qui. Le tre di notte e la testa piena di roba.
Oggi ho lavato i capelli con dei prodotti nuovi, e profumavano di miele e camomilla e yogurt.
Mi sono lanciata da sola in un progetto ambizioso ed impegnativo.
Sto conoscendo gente fantastica e piena di energia che, inevitabilmente, la trasferisce anche a me.
Ho perso una settimana di studio per non si sa quale motivo, a volte sono in bilico tra il dovere ed il piacere e guarda caso cado sempre dallo stesso lato comodo.
Ho voglia di cantate, tanta.
Ho tante cose da leggere e da imparare.
Mi limito, mi schiaccio.
Ma so di che sono capace e pianterò i miei piedi a terra senza nessuna intenzione di spostarmi.

Sono le tre e dodici di notte e la sveglia suona fra cinque ore.
Ma i miei capelli profumano ancora di cose dolci.

Ci sono cose da cui non si scappa, le strade che ci disegnamo addosso.
E così come si sbanda, si può tornare a marciare.
La meta è una. Chi si ferma è perduto.

martedì 19 febbraio 2013

Delirio notturno di un'insonne provvista di smartphone

Dovrei dormire ma non ho sonno.
Domani mi aspetta una valanga di informazioni da memorizzare e tanto caffè da prendere, visto che mi alzo fra cinque ore, anzi meno.
Poi non avevo mai scritto un post dal telefonino, che quando faccio 'ste cose innovative da brava ottantennedentro mi viene sempre da pensare a quanti passi in avanti abbia fatto la tecnologia in una manciata di attimi, che fino a quindici anni fa la gente ancora sapeva scrivere a penna.
La mia anima conservatrice mi spedisce alla ricerca di un colpevole per questa brutalizzazione della carta (stampata, straccia, da missive, da temi, pulita).

La colpa non è di nessuno, o forse è la nostra che ci piacerebbe tanto provare l'emozione di scrivere una lettera e di aspettare la risposta però continuiamo a mandare facce gialle sulle chat. (o a comprare gli eBooks invece di andare in libreria).
Ho sempre voluto un amico di penna: i protagonisti del mio corso triennale di Francese alle medie, François e Matteo, si erano incontrati perché erano due amici di penna, arricchendo di mille avventure avventurose le nostre lezioni per tre anni interi.

E niente, sto scrivendo un post su un blog da uno smartphone e sono le tre di notte e voglio un amico di penna.
Ma non avrei tempo per le lettere, quindi è stato bello finché è durato amico di penna ma davvero dobbiamo smetterla di scriverci, però se vuoi aggiungimi su Facebook.

venerdì 8 febbraio 2013

Quanto dura un anno?


Un anno fa, il 9 febbraio scorso, mentre tutta l'Italia era ricoperta dalla neve, io ho perso la mia nonnina. Questo e' l'articolo che ho scritto per il nostro giornale subito dopo la sua morte. Ci tengo tanto a pubblicarlo qui, perché questo blog in fondo è legato indissolubilmente a lei ed è nato nove mesi esatti dopo quel giorno, come ho spiegato nel primo post. La ragione per cui pubblico lo stesso articolo dell'anno scorso e' che questo tempo, questo anno, non ha cambiato le cose: sono allo stesso punto dell'anno scorso. Con la stessa consapevolezza. Quello che provo sempre, quando penso a mia nonna, sono due sensazioni antitetiche e dissonanti: a volte mi sembra che lei se ne sia andata un attimo prima, solo un istante fa. Altre volte, invece, è come se l'avessimo persa da un tempo lontanissimo, un'eternità inquantificabile, anche se so che poi, a somme tirate, non cambia molto. L'aria che si respira è diversa, ma non abbastanza da farci sentire totalmente la sua mancanza: credo di aver capito che lo stratagemma sia continuare a camminare sui passi di chi ci ha lasciato. Così, da non sentirci mai davvero lontani. Tyler Durden diceva "Devi avere coscienza, non paura". Io dico che la strada è ancora lunga, forse devo ancora capire da che parte sta. 


Avrei voluto scrivere questo articolo ad una nonnina vecchina e ormai canuta, e avrei voluto affrontare la sua perdita da adulta, dopo averle regalato altre gioie e altre mille preoccupazioni, invece mi ritrovo a cercare le parole appena maggiorenne, vittima dell'imprevedibilità degli eventi, teoricamente immersa nella preparazione di una maturità che non è né la scuola né lo studio a darmi. La maturità me la dà una mattina innevata in cui mi svegliano e mi dicono che la nonna che mi ha cresciuto, mi ha accudito, mi ha ascoltato, sostenuto, sopportato, la nonna da cui correvo a raccontare le cotte per i bambini, la nonna che ha scandito ogni tappa della mia vita, se n'è andata all'improvviso.

La mia nonnina che era un leone, che trainava tutti gli anziani e i giovani e gli adulti della famiglia, che mai si è tirata indietro qualsiasi cosa ci fosse da fare, quella con cui mi accanivo per spiegarle come funzionava la televisione nuova e tutti i canali inutili che c'erano, quella a cui non chiedevamo mai come stava perchè lei stava sempre bene.

Nonna, mamma, moglie, zia, sorella, suocera, cognata, amica Iolanda era la persona che tutti cercavamo quando c'era bisogno, quella che accoglieva tutti con un sorriso e quella che si trasformava in ragazzina spericolata, bambina capricciosa, donna testarda e piena di desideri, giovane curiosa di capire la vita là fuori attraverso i suoi figli e i suoi nipoti.

E' troppo presto per fare delle stime, per iniziare a ricordare solo le cose belle. E' troppo presto, proprio come il modo in cui lei ci ha lasciato tutti qui, attoniti e pieni di domande da farle e di idee da proporle, con la sua presenza forte e ingombrante nelle nostre giornate piene di cose da fare, con la sua voglia di partecipare e di rendersi utile e di giocare, per quello che si poteva.

Il poeta latino Commodiano scrive che in tempo di morte, è tempo di credere alla vita, ed è quello che io voglio fare e che invito tutti voi a fare: ricordare la mia forte nonnina e ricordare sempre la sua grinta e la sua devozione all'impegno ma anche alla comodità, ricordare la sua testardaggine, le sue fissazioni, le sue sregolatezze. Ricordare come lei scivolava sulla vita comodamente seduta, come ogni montagna le sembrava una strada in discesa.

Ricordare come, per uno strano scherzo del destino, per un'ambulanza che si blocca a cinquanta metri da casa, la sua incontrollabile morte è finita su tutti i giornali ed il suo nome ripetuto da telegiornalisti e cronisti in cerca di una notizia anche dove non c'era.

Qui la notizia è che una colonna portante è crollata e ci ha trascinato tutti giù, dove finiscono le lacrime e il dispiacere, dove le parole non servono più, dove ti arrabbi perché non sei forte abbastanza per attutire il colpo, dove non accetti che stavolta il caso o il destino ti ha messo in mezzo, ma anche dove cominci a capire che piano piano tutti i ritmi riprendono, che le abitudini sono tali perché mutano, che la realtà è questa e anche se la prendiamo a pugni non cambierà.

So che non sarà facile adattarsi, so che ci saranno momenti in cui mi sentirò persa ed altri in cui dovrò pensare ad altro per non pensare alla mia nonnina, ma so anche che ci vorrà tanto tempo a sostituire la sua presenza in questa casa, con la sua assenza, i suoi esempi con le sue mancanze, i suoi consigli ed i suoi sorrisi con le stanze vuote e i piatti vuoti, perchè basterà ricordarmi di credere ed affidarmi alla vita, alla sua vita, quando il dolore sarà così indescrivibilmente forte.

domenica 3 febbraio 2013

Pillole #1

Vi è mai successo di avere l'occasione per prendervi la vostra rivincita?
Che arrivi una persona senza preavviso e ve la serva su un piatto d'oro zecchino?

C'è chi è furbo e coglie l'occasione al volo, sfoderando la sua vendetta ad effetto immediato.

I migliori però restano immobili ed indifferenti.
La correttezza e la pacatezza sono la vendetta più atroce di tutte.
Ed hanno un effetto a lungo termine, direi più o meno eterno.

Sono le carte vincenti; soprattutto quando le carte si scoprono.


Cinque anni dopo Lavilledieu aveva sette filande ed era diventato uno dei principali centri europei di bachicoltura e filatura della seta. Non era tutto proprietà di Baldabiou. Altri notabili e proprietari terrieri della zona l’avevano seguito in quella curiosa avventura imprenditoriale. A ciascuno, Baldabiou aveva svelato senza problemi i segreti del mestiere. Questo lo divertiva molto più che fare soldi a palate. Insegnare. E avere segreti da raccontare. Era fatto così.

sabato 2 febbraio 2013

PUTTIFERIO SU SLIDINGTHEORY!!

Ragazzi, scrivo questo post a quest'ora ma non posso aspettare domani mattina.
Pare che il famosissimo YouTuber Riccardo Petrillo, conosciuto come SLIDINGTHEORY, sia un venduto!!!

Dagli ultimi aggiornamenti però, sembra che in realtà la pietra dello scandalo provenga da una festa privata che si è svolta a Cambridge esattamente nove mesi fa a cui ha partecipato proprio Petrillo IN PERSONA!
Si aggira infatti in queste ore nei pressi di River Cam una diciassettenne di nome Pamela Tiffany Breckemjard (la J è muta): ha un pargolo tra le braccia con la Mark II al collo.
Sembra che non ci più siano dubbi: è nato il primo figlio di uno YouTuber!!!

Ora è chiaro perché su Twitter e Facebook i fan di Petrillo lo stiano accusando con tutta questa cattiveria.
Riccardo ha preferito non badare al neonato Sliderino e dedicarsi completamente ai Tutorial (realizzati per lui da poveri schiavi diciottenni torinesi)


SLIDINGTHEORY è un venduto, ormai non ci sono dubbi!
Ma tranquilli, fra poco trasmetterà direttamente dalla gattabuia!

ORA UNA CARRELLATA DELLE FOTO DELLO SCANDALO:


LA LOCANDINA (STRANAMENTE PROFETICA) DEL PARTY




SLIDERINO A 3 ORE DI VITA




IL MATRIMONIO RIPARATORE




LE PRIME COPERTINE 







LE OSPITATE NEI TALK SHOW PIU' FAMOSI



...MA LA COLPA, RICORDATELO, E' SEMPRE LA SUA






venerdì 1 febbraio 2013

POLITICA 2.0?

Eccone un'altra.
Dopo il finto telegiornale che ritraeva un'Italia nel baratro a cento giorni dalla vittoria di Berlusconi alle politiche del 24 e 25 febbraio prossimi, visibile sul sito YOUDEM.IT (qui il link) del Partito Democratico, ho appena scoperto il nuovo spot di SEL, Sinistra, Ecologia e Liberta di Nichi Vendola: Berlusconi a Porta a Porta definisce Fini e Casini le sue due più grandi delusioni ed i tre giudici di Masterchef lo cacciano.


Era di pochi giorni fa un servizio di un telegiornale, vero stavolta, che raccontava di come i politici e la politica si stiano rendendo sempre più social, partendo da Monti che sbarca su Twitter e apre l'Agenda Monti, a Grillo che ha organizzato persino le sue Parlamentarie online, giù fino a più o meno tutti i rappresentanti degli schieramenti politici attivissimi sul web. 

Quello che pare a me che mi ritengo non troppo preparata in argomento ma informata quanto basta per poter decidere a chi dare il mio voto, è che si stiano ripetendo gli stessi identici teatrini di sempre. Quando i miei mi chiedono per chi voterò, io rispondo sempre che sto aspettando di sentire o di leggere i programmi degli schieramenti. Non basta dire "IMU si", "IMU no". Non ci può bastare davvero sentire Berlusconi che gioca a nascondino e che prima si ritira e poi invece torna in campo, ma non da candidato premier, forse da ministro, ma non si sa, e nel frattempo fa una comparsata al giorno sui media a ripetere sempre le solite, quattro, cose. Non ci possono bastare due video idioti del Partito Democratico, perché questa non può essere davvero la campagna elettorale del Partito favorito per le prossime elezioni. 

Ciò che mi chiedo adesso che manca poco al 24 febbraio è se ci vanno davvero bene queste cose: siamo circondati da scontri mediatici, tweet contro tweet, blog contro agende, e l'unica risposta che mi viene è che è vero che i politici (o meglio, i loro staff) sono diventati social, tecnologici, all'avanguardia, ma si sono scordati di portare con sé, in questo mondo infiocchettato fatto di slogan a 140 caratteri, qualcosa che dovrebbe starci molto a cuore: la politica.




Io sono un po' stufa della demagogia, dell'oratoria spicciola. Ho diciannove anni e già mi parte l'embolo a sentir parlare i politici. Vorrei una classe dirigente seria e so che le prossime elezioni non si avvicineranno neanche lontanamente alla prospettiva di poter iniziare a risanare il nostro paese.

Però, quello che penso davvero, è che quelli lassù che tanto critichiamo, stanno lì a rappresentare noi, sono mille persone prese tra di noi, ed è inutile continuare a puntare loro il dito contro quando poi siamo noi italiani, in maggioranza (non in totalità) i primi nelle nostre case a vedere la politica come la poltrona, il posto sicuro, la sistemazione per la vita...riempiendo le orecchie dei giovani di luoghi comuni.

Io sarò un'illusa a tutti gli effetti ma ci credo che le cose cambieranno prima o poi, e mi batterò affinché questo possa succedere. Non sprecate il vostro voto. Andate a votare.





martedì 29 gennaio 2013

Perché amo YouTube #1

Mi capita spesso che la gente mi chieda perché passo così tanto tempo su YouTube, perché ci scrivo sopra una rubrica e intervisto persone perdendo tutto quel tempo, perché pubblico sempre "quei link che si chiamano PASSIONE YOUTUBE".
Potrei iniziare con un listone di motivazioni melancoliche e frasi piene di enfasi e trasporto,  . 
E INVECE NO.
Faccio parlare YouTube. 
Vi posto (solo) dieci video che apprezzo particolarmente, ognuno a suo modo. 
Non credo che questo post rimarrà unico nel suo genere: trovo che il mio blog sia un modo buono ed efficace per rispondere a chi si chiede che cosa ci troverò mai di tanto emozionante, irripetibile, utile, sensato, serio e pieno di valore dentro a YouTube.
Spero di strapparvi un sorriso, un'idea, una risposta.
(l'ordine dei video è puramente casuale)
(in corsivo, quello che trovo tutti i giorni io dentro YouTube)


Parodia dello SPOT di Chanel N°5 con Brad Pitt - FERRAFILM
Genio ed ironia. 


Cover acustica di Billie Jean - Christina Grimmie (quasi 2 mln di iscritti, tanto per dire) ed il suo amico Noah Guthrie. 
Opportunità di esprimersi, di interpretare, di farsi conoscere. Libertà. 



ATTO PRIMO della serie Born To Be Black dei sardi Andrea Kondra e Alessandro Fele (BornToBeBurned), con la partecipazione di molti altri YouTuber, automobili volanti, alieni, dinosauri.. 
(Guardate l'ATTO SECONDO)
Abilità, idee geniali, impegno, curiosità, voglia di fare e farcela.



 INTRODUCING AMELIE AMAYA: piccolo-grande progetto di nove mesi realizzato in stop-motion da due genitori molto molto social.
Bellezza.



YouTube è un mezzo strepitoso per la diffusione di messaggi sociali, campagne, spunti di riflessione per migliorare i nostri comportamenti sia dentro che fuori dal web. Questo video realizzato dalla THE CROWS ha un passaggio che mi ha sempre colpito molto e molto fatto ragionare.
Utilità sociale.



Fusione tra le travolgenti note di Ludovico Einaudi e la voce soave di Alessia Tondo, legati insieme dal dialetto salentino. 
Diffusione di contenuti, magia, arte a 360°.



WHITE, anime fatto "in casa" dalla talentuosa Gumitién, aka Angela Vianello. 
Costanza, passione, sacrifici, risultati.


PER SEMPRE INSIEME - Dolcissimo Tell Me A Story di RichardHTT di cui vi consiglio di vedere il BACKSTAGE. 
Lavoro duro e obiettivi.



ROBFORCHETTA e quello che pensa di YouTuber$ The Series. 
 YouTube non è quello che gli altri media ci vogliono far credere che sia. 
Sincerità, schiettezza, presa di posizione, affermazione.



#BYMYSIDE : Una delle migliori web series italiane.
Realizzata, in 9 giorni di riprese, da chi YouTube lo respira come un'opportunità imperdibile.
Contenuti, talento, capacità, professionalità.


mercoledì 23 gennaio 2013

Giri immensi e poi ritornano.

Questo blog è nato perché ad un certo punto dell'ultimo autunno ho scoperto di essere ancora viva.
Ne avevo avuto l'impressione ad aprile, quando lessi le prime pagine di "Così parlò Zarathustra" e sentii, complice una supplente piuttosto fantastica, un certo brusio sotto lo sterno, come se le radici millenarie immobili di una pianta maestosa si stessero, piano piano, risvegliando.
A quella professoressa ho detto grazie, perché avevo capito di non essere davvero tutta secca.

Ogni post di questo blog rappresenta un movimento impercettibile delle mie radici, che sono le stesse radici che si scatenavano quando avevo quindici anni e scrivevo i pezzi più belli della mia vita.
In quel periodo ero un'accanita abbonata e lettrice del settimanale Vanity Fair, in cui scriveva il da me fin troppo amato Gabriele Romagnoli. Ogni sua frase mi evocava dentro quel desiderio irrefrenabile di mettermi al computer e raccontare, anzi raccontarmi, agli altri: le radici si scatenavano e pubblicavo riflessioni filosofiche sui perché della vita e sull'importanza di dire sempre grazie.

Un giorno di due anni fa Gabriele scrisse il suo ultimo articolo per Vanity Fair, perché stava per diventare direttore del mensile GQ Italia. Siccome l'armadio in cui tuttora conservo meticolosamente tutte le copie del giornale era quasi pieno, siccome oramai non riuscivo più a finirne una che subito arrivava a casa quella successiva, e siccome il mio abbonamento stava per concludersi, decisi, soffrendo - solo chi legge Vanity Fair mi può capire - di non rinnovarlo più, ché tanto ormai Romagnoli se n'era andato e tutto avrebbe avuto meno senso.

Questo succedeva contemporaneamente al letargo della mia mente e della mia ispirazione, da cui mi risveglio solo ora. Due anni, passati tra i miei ultimi sforzi da liceale, da minorenne, da adolescente.
Poi, ad un certo punto dell'ultimo autunno ho scoperto di essere ancora viva.

L'ho scoperto quando ho iniziato ad essere risucchiata da YouTube e dalle persone che ho trovato lì dentro. Ho sentito il bisogno di parlarne, di coinvolgere chi come me fino a prima non aveva capito.
Così ho iniziato a collaborare con WhipArt.it e ho proposto Passione YouTube, su cui riverso la mia creatività razionale, o la mia razionalità creativa, che si voglia dire.
Ma mi serviva un posto su cui annotare il mio stato d'animo in continua evoluzione, per niente razionale, e questo è il posto giusto.
Sufficientemente intimo e sufficientemente pubblico.

Giovedì ho passato sette ore al Pronto Soccorso e ho comprato GQ per distrarmi.
Pagina 19, l'editoriale del direttore responsabile Gabriele Romagnoli.
Quanto mi mancava.
Quello che lui fa nei suoi articoli è tirare fuori la lezione di vita da ciò che vede e che vive tutti i giorni, riesce a farti conoscere la parte più nascosta di te spiegandoti che nell'estremo est ci sono agenzie che organizzano i tuoi - finti - funerali e ti infilano - davvero - dentro una bara, oppure ti parla dei suoi gatti e di come hanno scandito ogni tappa della sua vita, ignorando tutto il suo destino.
Una volta scrisse che, non so chi e non so quando, comunque qualcuno sopra di lui, aveva fatto notare che le uniche due cose di cui Gabriele scrivesse, fossero l'Amore e la Morte.
Stavolta, pagina 19, ha scritto che gli uomini credono nella sola religione della sopravvivenza; che vanno oltre gli amori e oltre le guerre (amore e morte), che cambiano le rotte della propria vita, le affrontano con passo diverso e credendo in cose diverse, ma, dopo tutto e tutti, essi restano sempre gli stessi esseri soli che sono sempre stati.
Le mie radici hanno gioito.

Bentornato, Gabriele.
Domani spedisco l'abbonamento.