Un anno fa, il 9 febbraio scorso, mentre tutta l'Italia era ricoperta dalla neve, io ho perso la mia nonnina. Questo e' l'articolo che ho scritto per il nostro giornale subito dopo la sua morte. Ci tengo tanto a pubblicarlo qui, perché questo blog in fondo è legato indissolubilmente a lei ed è nato nove mesi esatti dopo quel giorno, come ho spiegato nel primo post. La ragione per cui pubblico lo stesso articolo dell'anno scorso e' che questo tempo, questo anno, non ha cambiato le cose: sono allo stesso punto dell'anno scorso. Con la stessa consapevolezza. Quello che provo sempre, quando penso a mia nonna, sono due sensazioni antitetiche e dissonanti: a volte mi sembra che lei se ne sia andata un attimo prima, solo un istante fa. Altre volte, invece, è come se l'avessimo persa da un tempo lontanissimo, un'eternità inquantificabile, anche se so che poi, a somme tirate, non cambia molto. L'aria che si respira è diversa, ma non abbastanza da farci sentire totalmente la sua mancanza: credo di aver capito che lo stratagemma sia continuare a camminare sui passi di chi ci ha lasciato. Così, da non sentirci mai davvero lontani. Tyler Durden diceva "Devi avere coscienza, non paura". Io dico che la strada è ancora lunga, forse devo ancora capire da che parte sta.
Avrei voluto scrivere questo articolo ad una nonnina
vecchina e ormai canuta, e avrei voluto affrontare la sua perdita da adulta,
dopo averle regalato altre gioie e altre mille preoccupazioni, invece mi
ritrovo a cercare le parole appena maggiorenne, vittima dell'imprevedibilità
degli eventi, teoricamente immersa nella preparazione di una maturità che non è
né la scuola né lo studio a darmi. La maturità me la dà una mattina innevata in
cui mi svegliano e mi dicono che la nonna che mi ha cresciuto, mi ha accudito,
mi ha ascoltato, sostenuto, sopportato, la nonna da cui correvo a raccontare le
cotte per i bambini, la nonna che ha scandito ogni tappa della mia vita, se n'è
andata all'improvviso.
La mia nonnina che era un leone, che trainava tutti gli
anziani e i giovani e gli adulti della famiglia, che mai si è tirata indietro
qualsiasi cosa ci fosse da fare, quella con cui mi accanivo per spiegarle come
funzionava la televisione nuova e tutti i canali inutili che c'erano, quella a
cui non chiedevamo mai come stava perchè lei stava sempre bene.
Nonna, mamma, moglie, zia, sorella, suocera, cognata, amica
Iolanda era la persona che tutti cercavamo quando c'era bisogno, quella che
accoglieva tutti con un sorriso e quella che si trasformava in ragazzina
spericolata, bambina capricciosa, donna testarda e piena di desideri, giovane
curiosa di capire la vita là fuori attraverso i suoi figli e i suoi nipoti.
E' troppo presto per fare delle stime, per iniziare a
ricordare solo le cose belle. E' troppo presto, proprio come il modo in cui lei
ci ha lasciato tutti qui, attoniti e pieni di domande da farle e di idee da
proporle, con la sua presenza forte e ingombrante nelle nostre giornate piene
di cose da fare, con la sua voglia di partecipare e di rendersi utile e di
giocare, per quello che si poteva.
Il poeta latino Commodiano scrive che in tempo di morte, è
tempo di credere alla vita, ed è quello che io voglio fare e che invito tutti
voi a fare: ricordare la mia forte nonnina e ricordare sempre la sua grinta e
la sua devozione all'impegno ma anche alla comodità, ricordare la sua
testardaggine, le sue fissazioni, le sue sregolatezze. Ricordare come lei
scivolava sulla vita comodamente seduta, come ogni montagna le sembrava una
strada in discesa.
Ricordare come, per uno strano scherzo del destino, per
un'ambulanza che si blocca a cinquanta metri da casa, la sua incontrollabile morte è
finita su tutti i giornali ed il suo nome ripetuto da telegiornalisti e
cronisti in cerca di una notizia anche dove non c'era.
Qui la notizia è che una colonna portante è crollata e ci ha
trascinato tutti giù, dove finiscono le lacrime e il dispiacere, dove le parole
non servono più, dove ti arrabbi perché non sei forte abbastanza per attutire
il colpo, dove non accetti che stavolta il caso o il destino ti ha messo in
mezzo, ma anche dove cominci a capire che piano piano tutti i ritmi riprendono,
che le abitudini sono tali perché mutano, che la realtà è questa e anche se la
prendiamo a pugni non cambierà.
So che non sarà facile adattarsi, so che ci saranno momenti
in cui mi sentirò persa ed altri in cui dovrò pensare ad altro per non pensare
alla mia nonnina, ma so anche che ci vorrà tanto tempo a sostituire la sua
presenza in questa casa, con la sua assenza, i suoi esempi con le sue mancanze,
i suoi consigli ed i suoi sorrisi con le stanze vuote e i piatti vuoti, perchè
basterà ricordarmi di credere ed affidarmi alla vita, alla sua vita, quando il
dolore sarà così indescrivibilmente forte.
Certe ferite le cura solo il tempo dicono..io non ci credo.Certe ferite rimangono sempre un pò aperte.
RispondiEliminaUn Abbraccio Ele
Jale
A prescindere dalla fede che si può avere o meno, tutti i momenti passati insieme, tutti i consigli, i rimproveri affettuosi, le chiacchierate, nessuno potrà portarteli via. Si vive anche di ricordi, e attraverso quelli nessuno ci lascia mai finchè continua a persistere nei nostri pensieri.
RispondiEliminaDi ognuno di noi rimane solo il ricordo che lasciamo nelle persone a noi care, e vedendo l'amore che traspare dalle tue parole, si capisce che bella persona fosse tua nonna.
Un abbraccio